Archi, disastro ambientale e incolumità pubblica nell’ex Scuola Archi Centro

Comunichiamo alla cittadinanza tutta che abbiamo formalizzato denuncia al Comune di Reggio Calabria per la grave situazione di pericolo ambientale e di rischio per l’incolumità pubblica dei residenti derivanti dal degrado dell’ex scuola Archi Centro sita in Via Corvo, nella Decima Circoscrizione di Archi.

L’ex scuola è in abbandono da oltre 10 anni, chiusa per sempre per volontà della giunta comunale di allora (nonché quella attuale), e da qualche anno si sta manifestando il pericolo di salute pubblica per i residenti che sono esasperati.

Anche il Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, giù nel 2021, intimava il Comune di intervenire per la bonifica. Nel giugno del 2022, il Settore Ammodernamento Reti Idriche e Manutenzione ERP-Edilizia Scolastica del Comune di Reggio Calabria rispondeva così:

“l’edificio scolastico abbandonato è stato oggetto d’intervento di potatura, che la pulizia del cortile non è possibile effettuarla in quanto la struttura non è staticamente idonea, pertanto è pericoloso accedervi con il personale, al fine di tutelare l’incolumità dei lavoratori medesimi”

A questa risposta abbiamo replicato:

alla risposta summenzionata non è stata allegata la documentazione che attesti la “non idoneità” della struttura scolastica, che, in ogni caso non giustificherebbe il non intervento per mettere in sicurezza tutta la cittadinanza ivi residente

e che

lo stato del luogo sopra descritto costituisce inevitabilmente un attuale e grave inconveniente igienico-sanitario e, per esso, rischio per pubblica salute, incolumità e ambiente

Questa denuncia è stata accompagnata da una documentazione fotografica che attesta il reale stato di pericolo, degrado e abbandono, per cui si chiede intervento di bonifica o, in subordine, l’autorizzazione a intervenire con i nostri mezzi e i nostri uomini.

Ma questa situazione disastrosa discende da un dato incontrovertibile sul quale bisogna soffermarsi, partiamo dal non molto lontano 2014, allora quarantacinque pagine in carta riciclata annunciavano un programma elettorale, quello dell’allora candidato a sindaco per il centrosinistra, che tracciava il futuro della città secondo una visione innanzitutto condivisa e sottoscritta dagli alleati e con l’intento di operare una “rivoluzione”, quella della “normalità”.

Era questa, infatti, la premessa del programma presentato dal sindaco poi eletto nel 2014, e riconfermato per il “secondo tempo” del 2020: una normalità in una città in cui “i diritti siano riconosciuti come tali e non considerati favori, dove conti il merito e dove si tutelino i più deboli”.

Una sfida che si sarebbe dovuta sviluppare in 10 anni di governo cittadino affinché un giorno, secondo quanto scritto nella copertina del programma, “guardandoci indietro, lo faremo con il sorriso di chi ha creduto in una città migliore”. A dire il vero il sorriso è stato tolto a chi sperava in un futuro migliore per questa città, futuro che doveva essere fatto di attenzioni e di sviluppo per le periferie come Archi.

Il tema delle risorse, quelle per “gli interventi necessari per il risanamento e la modernizzazione della città” per il sindaco e la giunta, sarebbero dovuti arrivare dai fondi europei, dallo sblocco delle opere del Decreto Reggio, dai fondi per il dissesto idrogeologico, dal varo di una legge speciale per Reggio, dai fondi previsti dal governo per l’edilizia scolastica. Oggi, oltre l’ex scuola di Archi Centro, abbiamo diversi esempi di edifici scolastici abbandonati e in stato di decomposizione strutturale, che creano disagio, degrado e insicurezza.

Priorità, in caso di vittoria del centrosinistra, sarebbe dovuto essere il recupero delle periferie degradate con un piano di interventi di recupero sociale, urbanistico, culturale, utilizzando i fondi europei e nazionali.

Ad eccezione dell’asilo nido, oggi ad Archi nulla di tutto ciò che è stato promesso è stato fatto. Anzi, un’altra cosa soltanto, una elargizione figlia del favoritismo: far costruire una struttura da assegnare direttamente (senza bando) a un ente diverso rispetto alle tante associazioni sociali e culturali che ad Archi sono prive di uno spazio dove ritrovarsi e dove poter organizzare le proprie attività, e tra queste anche il nostro Comitato di quartiere Il Popolo di Archi.

Allora preferiamo non voltarci indietro per osservare questi dieci anni di disastri, ma guardare avanti e proporci quali fautori di una città, con le sue periferie, rasa al suolo, e che ha bisogno di un progetto di ricostruzione, di crescita, di lavoro e di sviluppo. Archi, in tutto questo, vuole – e deve – essere parte attiva di un progetto lungimirante, soprattutto per riscattare l’ultimo decennio di abbandono, degrado, disservizi e ingiustizie.